Le migliori traduzioni di Victor Hugo della classe 4BL

Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato

Bicêtre

Condannato a morte!

E’ da cinque settimane che vivo con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre gelato dalla sua presenza, sempre piegato sotto il suo peso!

Un tempo, poiché mi sembra che siano passati più anni che settimane, ero un uomo come un altro. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto aveva la sua illusione. Il mio spirito, giovane e ricco, era pieno di fantasie. Si divertiva a srotolarmene in mente le une dopo le altre, senza ordine e senza fine, ricamando di inesauribili arabeschi questa rude e sottile tessuto della vita. C’erano delle giovani ragazze, splendidi piviali da vescovo, battaglie vinte, teatri pieni di confusione e di luce, e ancora giovani ragazze e passeggiate buie la notte, sotto le ampie braccia dei castagni. Era sempre festa nella mia immaginazione. Potevo pensare a quello che volevo, ero libero.

Adesso sono prigioniero. Il mio corpo è ai ferri in una segreta, il mio spirito è in prigione in una illusione. Un’orribile, sanguinosa, implacabile illusione! Non ho altro che un pensiero, una convinzione, una certezza: condannato a morte!

Marta Bartalucci

Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato

Bicêtre

Condannato a morte!

Sono già cinque settimane che abito con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre ghiacciato dalla sua presenza, sempre incurvato sotto al suo peso!

Un tempo, poiché mi sembrano passati anni piuttosto che settimane, ero un uomo come un altro. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto aveva la sua idea. Il mio spirito giovane e ricco, era pieno di fantasie. Si divertiva a farle rincorrere, le une dopo le altre, senza ordine e senza fine, ricamando con infiniti arabeschi questa rude e magra stoffa della vita. Erano delle giovani ragazze, splendidi piviali di vescovo, battaglie vinte, teatri pieni di confusione e di luce, e poi ancora delle giovani ragazze e delle fosche passeggiate la notte sotto le larghe braccia dei castagni. Era sempre festa dentro la mia immaginazione. Potevo pensare a quello che volevo, ero libero.

Adesso sono prigioniero. Il mio corpo è in catene dentro una cella, il mio spirito, la mia mente, è in prigione dentro un’idea. Un’orribile, sanguinosa, implacabile idea! Ne ho più che un’idea, una convinzione, una certezza: condannato a morte!

Amina Charouk

Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato

Bicêtre

Condannato a morte!

Ecco, sono cinque settimane che convivo con questo pensiero, tutti i giorni solo insieme a lui, tutti i giorni agghiacciato dalla sua presenza, tutti i giorni incurvato dal suo peso!

Un tempo, poiché mi sembrano passati degli anni invece che delle settimane, ero un uomo come gli altri. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto possedeva la sua idea. Il mio spirito, giovane e ricco era pieno di fantasie. Si divertiva a srotolarmele una dopo l’altra, senza ordine, senza fine ricamate di inesauribili arabeschi questa rude e miserabile stoffa della vita. Riguardavano giovani ragazze, splendidi piviali da vescovo, battaglie vinte, teatri pieni di rumore e luce e poi ancora giovani ragazze e oscure passeggiate la notte sotto le larghe braccia degli ippocastani. Tutti i giorni era una festa dentro la mia immaginazione. Potevo pensare a quello che volevo, ero libero.

Ora sono un prigioniero. Il mio corpo è incatenato dentro una prigione, il mio spirito è imprigionato dentro un’idea. Un’orribile, sanguinante ed implacabile idea! Non ho che un pensiero, una convinzione, una certezza: condannato a morte!

Federica Tribuzio

Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato Bicêtre

Condannato a morte!

Sono cinque settimane che vivo con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre congelato dalla sua presenza, sempre piegato sotto il suo peso!

Un tempo, poiché mi sembrano passati anni piuttosto che settimane, ero un uomo come un altro. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto aveva la sua idea.

Il mio spirito, giovane e ricco, era pieno di fantasie. Si divertiva a srotolarmele le une dopo le altre, senza ordine e senza fine, ricamando di inesauribili arabeschi questa ruvida e sottile stoffa della vita.

Erano delle giovani ragazze, delle splendide cappe di vescovo, delle battaglie vinte, dei teatri pieni di rumore e luce, e ancora delle giovani ragazze, e di passeggiate oscure di notte sotto le grandi braccia dei castagni.

Era sempre festa nella mia immaginazione. Potevo pensare a ciò che volevo, ero libero.

Ora sono prigioniero. Il mio corpo è in catene in una prigione sotterranea. Il mio spirito è imprigionato in un’idea. Una orribile, sanguinosa e implacabile idea! Non ho niente di più che un pensiero, una convinzione, una certezza: condannato a morte!

Aurora Nicastro

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Tre traduzioni per un finale, Le dernier jour d’un condamné

Tre traduzioni per un finale. Tre prove di traduzione dal finale di Victor Hugo, Le dernier jour d’un condamné, a cura della classe IVal.

XLIX

Un juge, un commissaire, un magistrat, je ne sais de quelle espèce, vient de venir. Je lui ai demandé ma grâce en joignant les deux mains et en me traînant sur les deux genoux. Il m’a répondu, en souriant fatalement, si c’est là tout ce que j’avais à lui dire.

– Ma grâce ! ma grâce ! ai-je répété, ou, par pitié, cinq minutes encore !

Qui sait ? elle viendra peut-être ! Cela est si horrible à mon âge, de mourir ainsi ! Des grâces qui arrivent au dernier moment, on l’a vu souvent. Et à qui fera-t-on grâce, monsieur si ce n’est à moi ?

Cet exécrable bourreau ! il s’est approché du juge pour lui dire que l’exécution devait être faite à une certaine heure, que cette heure approchait, qu’il était responsable, que d’ailleurs il pleut, et que cela risque de se rouiller.

– Eh, par pitié ! une minute pour attendre ma grâce ! ou je me défends ! je mords !

Le juge et le bourreau sont sortis. Je suis seul. – Seul avec deux gendarmes.

Oh ! l’horrible peuple avec ses cris d’hyène. – Qui sait si je ne lui échapperai pas ? si je ne serai pas sauvé? si ma grâce?… Il est impossible qu’on ne me fasse pas grâce !

Ah! les misérables! il me semble qu’on monte l’escalier…

QUATRE HEURES

XLIX

Un giudice, un commissario, un magistrato, non so bene chi, è appena arrivato. Gli ho domandato la grazia a mani giunte, trascinandomi sulle ginocchia. Mi ha risposto con un sorriso ineluttabile, se questo fosse stato tutto ciò che avevo da dire.

“La grazia! La grazia! Ho ripetuto, o , pietà, ancora cinque minuti!”

Chi sa? Può darsi che me la concedano! È talmente orribile morire così alla mia età! Di grazie che arrivano all’ultimo momento se ne vedono spesso. E a chi concedere la grazia, signore, se non a me?

Questo boia spregevole! Si è avvicinato al giudice per dirgli che l’esecuzione si sarebbe dovuta tenere a una certa ora, che quest’ora si stava avvicinando, che ci andava di mezzo lui, oltretutto pioveva e che c’era il rischio che quella cosa là si arrugginisse.

“Oh pietà! Un minuto per attendere la mia grazia! Altrimenti mi difendo! Mordo!”

Il giudice e il boia sono usciti. Sono solo – solo con due gendarmi.
Oh! L’orrendo popolino con le sue risate da iena – Chissà che non gli sfugga? Se mi salvassi? Se la grazia … è impossibile che non mi facciano la grazia!

Ah! Miserabili Mi sembra che si stiano salendo le scale …

ORE QUATTRO

Katherine Jeffery IVAL

XLIX

Giudice, commissario, magistrato, non so di che sorta,  è appena arrivato. Ho implorato la mia grazia a mani giunte, trascinandomi sulle ginocchia. Mi ha risposto in un grigno fatale, se ciò era tutto quello che avevo da dirgli.

“La mia grazia! La mia grazia! Ho ripetuto, oh , per pietà, ancora cinque minuti!”

Chissà?Mi verrà concessa, forse! È Morire in questo modo è orribile alla mia età ! Se ne sono viste spesso, grazie che arrivano all’ultimo minuto. E a chi farà la grazia, signore, se non a me?

Questo spregevole boia! Si è avvicinato al giudice per riferirgli che l’esecuzione doveva esser fatta ad una certa ora, che quell’ora si avvicinava, che lui era responsabile e che stava per piovere, il marchingegno rischiava di arrugginirsi.

“Ehi! Per pietà! Un minuto per attendere la mia grazia! Mi difendo eh! Mordo!”

Il giudice e il boia sono usciti. Solo – solo con due gendarmi.

Oh! Il popolino con le sue risatine bestiali – Chi lo sa se riuscirò a sfuggirlgli? E se non venissi salvato? Se la mia grazia … la mia grazia; è impossibile che non me la concedano!

Ah! Miserabili Mi sembra che si stia salendo una scala …

ORE QUATTRO

Asia Livi IVAL

XLIX

Un giudice, un commissario, un magistrato, non so chi di preciso,  è appena arrivato. Gli ho chiesto la grazia unendo le mani, e trascinandomi sulle ginocchia. Mi ha risposto, con un sorriso fatale, se era tutto lì quello che avevo da dirgli.

“La grazia! La grazia! Ho ripetuto, o per carità, ancora cinque minuti!”

Chissà? Potrebbe anche arrivare! È talmente orribile alla mia età morire così ! Di grazie che arrivano all’ultimo momento se ne sono viste spesso. E a chi verrà concessa la grazia, signore, se non a me?

Questo abominevole boia! Si è avvicinato al giudice per dirgli che l’esecuzione doveva essere fatta a una certa ora, che quest’ora si avvicinava, che lui era responsabile, che oltretutto piove e che rischia di arrugginirsi.

“Eh, per carità! Un minuto per attendere la grazia! O mi difendo! Mordo!”

Il giudice e il boia sono usciti. Sono solo . Solo con due gendarmi.

Oh! L’orribile popolaccio, con le sue ristate da iena – Chissà se non gli scapperò? Se non sarò salvato? Se la grazia ?… è impossibile che non mi si faccia la grazia!

Ah! Miserabili Mi sembra che qualcuno stia salendo le scale …

LE QUATTRO

Lucchi Emanuele IVAL

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Stupro

Fuggire non serve a nulla. Non serve scappare dai problemi, dalle persone. Non servì neanche a me. Mi chiamo Valerie, per gli amici Val. E ne avevo pochi, una compagnia piccola quanto bastava per sedersi tutti attorno ad uno di quei tavolini rotondi, a bere una birra tra una risata e l’altra. Ancora continuano ad aspettarmi al nostro bar, speranzosi. I miei genitori invece di speranza non ne hanno più; dicevano sempre che con un caratterino così vivace nessun uomo mi avrebbe presa tanto volentieri, se avessero potuto vedere. Frequentavo il quarto anno del liceo psicologico quando arrivò quel giorno. Non ero tra le prime della classe ma mantenevo soddisfatta la mia dignitosa media del sette; studiare significava molto per me, sarebbe stato il mio lasciapassare per un futuro migliore. Negli ultimi anni avevamo cambiato con regolarità i professori di psicologia quindi non era una sorpresa vederne arrivare uno nuovo ogni tanto. Quel lunedì mattina invece rimasi colpita quando vidi entrare nell’aula il Signor Seize, il nostro preside. Un uomo dall’aspetto burbero, con un accenno di calvizie sebbene non fosse così avanti con l’età. Ci disse che da lì alla fine dell’anno avrebbe sostituito lui il posto vacante a psicologia. I miei compagni deglutirono all’idea di un anno particolarmente duro. I mesi scorrevano lenti e il Signor Seize si mostrò una persona estremamente gentile sebbene i suoi modi fossero un po’ datati, mi ricordava un vecchio signorotto d’epoca medievale, quest’idea mi faceva sorridere e smorzava un po’ la tensione che creava. Credo se ne accorse anche lui quando una mattina, finite le lezioni, mi chiese perché sorridevo tanto mentre parlava del disturbo Borderline e, mio malgrado, riuscì a farmi svuotare il sacco. Mi stupì la sua reazione e dopo quell’episodio diventò ancora più gentile nei miei confronti, quasi premuroso. I miei compagni mi prendevano in giro dicendo che ero la sua cocca ma a me non dava fastidio, mi confortava l’idea di avere un adulto dalla mia parte, era come se le mie opinioni contassero qualcosa adesso. Non fu una vera e propria amicizia, ma più una sorta di complicità. Non capisco cosa successe dopo, cosa incrinò questo equilibrio. Venne il giorno della visita che il Signor Seize aveva organizzato ad uno dei vecchi manicomi ormai abbandonati, voleva che vedessimo con i nostri occhi cosa volesse dire essere rinchiusi. L’ispezione non durò troppo, ci tratteneva nelle stanze più importanti per darci brevi ma dettagliate spiegazioni, per il resto del tempo potevamo curiosare liberi ma rigorosamente in gruppo. Scaduto il tempo iniziammo ad avviarci tutti verso le rispettive abitazioni quando il Signor Seize mi fermò e, caldamente, mi chiese se volevo un passaggio. Di camminare non ne avevo voglia, con quel fresco poi, così accettai al volo. Ricordo tutto di quell’auto. I sedili neri in finta pelle, i vetri scuri, gli interni decorati di legno smaltato. Non ci arrivai mai a casa. Il Signor Seize disse di conoscere una deviazione: “Così torni prima e puoi metterti a studiare i disturbi istrionici” disse a mo’ di battuta. Svoltò verso una zona che mi sembrò piuttosto disabitata ma non feci domande, anche nei film le scorciatoie sono sempre un po’ malmesse. Inchiodò vicino a quella che sembrava una vecchia vetreria, non capii, ruotai lo sguardo su di lui in tempo per cogliere la sua mano precipitosa verso il mio corpo. Sentii una forte pressione che mi spezzò il fiato. Persi i sensi. Dieci minuti, mezz’ora, un’ora. Non so quanto tempo passò, infine mi svegliai. Non appartenevo più al mio corpo, riuscivo ad osservarmi dall’alto e scrutai ogni centimetro visibile di quell’ammasso di estesi ematomi. Sopracciglio spezzato, labbra spaccate, profondi segni di denti sul seno e sulle gambe. Sangue gocciolante andava a formare una pozza sotto i miei genitali. Uno spettacolo orribile, mi sarebbe mancata l’aria se avessi avuto ancora dei polmoni. Dicono che il nostro cervello ci protegga impedendoci di ricordare i traumi che ci hanno segnato ed è uno dei tanti compiti che inconsciamente svolge, per questo avevo deciso di iscrivermi a quell’indirizzo. Mi affascinavano le funzioni di quest’immenso patrimonio che risiede al nostro interno. Di quel giorno ricostruii i fatti solo grazie ad alcuni frammenti disordinati di ricordi che mi ronzavano costantemente in testa. Ma non capii mai il perché, perché mi avesse fatto tutto ciò. Perchè questo bisogno furioso di prendersi qualcosa di così prezioso come una vita.

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LIDIO

Il sole non sorge mai, qui a Dublino. Questa rigidità climatica, col tempo, influenza gli animi più fragili come il mio. Uscii di casa. La nebbia si impossessò dei miei pensieri e, come ogni mattina, iniziarono insieme un giro di valzer.

Camminavo a testa bassa verso un’occupazione che non sentivo più mia e mi preparavo ad indossare un salvagente immaginario per non affogare fra quelle quattro mura. In ufficio il tempo scorre lento quanto il mio orologio biologico e, con la faccia da bambino infelice, mi immersi tra le pratiche. Alle cinque tirai la cordicella, il salvagente si gonfiò e riemersi; passai le mani sul viso per scacciare le ultime cifre dagli occhi e uscii.

Mi diressi verso Temple Bar e mi guardai attorno senza curiosità, un pub valeva l’altro, per affogare i miei demoni non serve ricercare la raffinatezza. Così passavano le mie serate, passeggiate stanche verso una meta che non mi importava conoscere. Mi decisi dopo una carezza umida sulla mia guancia e successivamente un’altra e un’altra ancora. Entrai nell’unico pub meno esposto rispetto agli altri, percorsi la lieve pendenza e mi ritrovai circondato da legno scuro come la Guinness, tra luci soffuse e musica calda. Per pochi istanti le mie membra si sentirono nel luogo adatto. Scelsi il posto più in ombra e lasciai che il mio corpo stanco cadesse sullo sgabello. Ordinai una pinta di birra e, nell’attesa, osservai meglio quel piccolo universo intorno a me. Stanze cupe contenenti persone dello stesso colore, solo i vetri delle bottiglie appese sopra il bancone spezzavano quell’alone scuro insieme a qualche tricolore per non far mancare un velato patriottismo.

E poi accadde. Un altro universo, opposto al primo,  entrò in collisione. Mi venne incontro decisa :”Sei seduto nel mio posto”. Aveva un accento marcato e, forse era la birra o forse ero io, ma non capii subito cosa intendesse. “Siedo sempre qui e tu mi hai preso il posto”. Mi spostai senza dire una parola e mi avviai verso l’uscita quando sentii di nuovo quell’accento :”Non intendevo mandarti via”. Tornai sui miei passi e sedetti accanto a lei guardandola. Due occhietti color nebbia incontrarono i miei, seguiti da un piccolo sorriso. Poche ciocche le ricadevano sul viso, le restanti racchiuse in una coda arrangiata, la rendevano un po’ trasandata ma, nel contesto, piacevole da ammirare. Una bellezza che non andava capita, semplice come sarebbero stati i nostri futuri incontri.

Non vi furono altre parole quella notte e non sarebbero state necessarie. Bevemmo muti, osservandoci, fisicamente diversi, con lo stesso demone in comune. Non servirono appuntamenti, date e orari. Sapevamo inconsapevolmente che ci saremmo rivisti. Divenne la mia quotidianità, i nostri diavoli si placavano, se in due, e a noi restava una timida dolcezza.

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Mia inestinguibile speranza…

Mia inestinguibile speranza

Ancora chiaramente nascosta

Non per paura o imbarazzo

In questa interminabile adolescenza

Di toccarti o vederti

In vecchie e nostalgiche memorie

Di protezione che

Ancora continuano a scivolarmi dentro

Ad attraversarmi

Recidive e sporche mani

Espressive ed egoiste.

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Miliardi di dita…

 

Mani. Miliardi di dita nate per creare e distruggere … fare e disfare.

 Le mani … armi o bandiere bianche?

Tutte diverse, ma legate dalla vita.

Quando penso alle mani rifletto su quanto incredibilmente possano essere magiche ed altrettanto fatali, tali da impugnare fucili, ferire, uccidere solo per oro nero e fogli di carta, che etichettano il valore di ogni qual cosa esista in questo mondo.

Ne vale davvero la pena? Non so. So soltanto che le mani per me sono lavoro,  polvere, sudore di miliardi di persone che hanno vissuto e vivranno ancora … e che non ricevono ciò che si meritano, ma anche carezze, amore, dolcezza, abbracci, aiuto, amicizia.

Le ritrovo nella pasta fresca fatta da mia nonna, in un dipinto pieno di emozione e talento. Così minuscole ed innocentemente inconsapevoli, eppure eternamente responsabili… 

Sono le prime ad afferrare e a lasciare andare le nostre occasioni, come delle bacchette cinesi utilizzate per mangiare il riso, che dopo un po’ si raffredda … 

Spesso non ci rendiamo conto di quanto siano indispensabili e preziose, perciò ci facciamo corrompere dalla nostra umana stupidità. Perché usare le mani per rovinare la nostra Madre Terra, che ci ha ospitato ed amato senza chiedere nulla in cambio? Perché invece di autodistruggerci non combattiamo per salvaguardarci?

Silenzio.

Di conseguenza mi domando: qual è il loro senso? Glielo diamo noi o  il nostro fato? Sanno di amaro o di dolce? Sono la nostra salvezza o il nostro peccato? Io credo che siano la proiezione di chi siamo e di chi vogliamo essere. La nostra forza e la nostra debolezza.

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Mani (Francesca )

Le nostre mani si conoscono,

Le mie percorrono le strade delle tue

Si abbandonano

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“Mani e madre” (Luna)

Nasce una creatura

mani di madre la sfiorano

il primo tocco il pianto cura

inizio di un gioioso legame.

 

Le mani, le mani

danno affetto,

fanno del male

il bene: educazione.

 

Mamma, mia adorata

mani dolci e sapienti

mamma, genitore e amica,

mani educazione e ferita.

 

Gioia immensa, infinita

calore, amore, libero cuore.

salvezza

carezza.

 

 

Madre

lasciala andare

mani unite si separano

l’affetto non muta

il cuore tutto preserva

l’amore sempre resta.

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Le mani sono il corpo che interpreta l’anima.

Le mani sono il corpo che interpreta l’anima.

Hanno visto creazioni, ascoltato applausi, assaporato tocchi, odorato carezze.

Mani da ricamatrice, da falegname, da pittrice, da musicista.

Le mani sono lavoro ed il lavoro è la vita di un’umanità presa per mano e condotta fuori dalla sua dolce culla materna per essere schiaffeggiata dal manicomio di questa frenesia cui siamo condannati, fatta d’equilibrio dinamico.

Non c’è posto per la quiete, la contemplazione ha trovato i sedili occupati e le tocca reggersi alle instabili maniglie della solitudine – che è una parola sola -.

Stiamo morendo, dannazione, stiamo morendo da quando siamo nati.

Se solo ci guardassimo le mani, se solo percepissimo lo strazio di quel tacito grido digitiforme… forse apprezzeremmo maggiormente ciò che le mani del passato hanno lasciato alle nostre in eredità.

Un lustro impresso sul dorso d’una mano di bambina è fiore che si veste dell’alba d’un nuovo giorno una volta destatosi.

Un anno inciso nella pelle d’un canuto è fuoco su una ferita sanguinante.

Certi segni tattili del tempo non si possono cauterizzare, ma solo mitigare con creme d’illusione.

Nel palmo d’una mano palpita il futuro, i pollici opponibili garantiscono saldo appiglio alla vita.

Di tutti gli esseri noi siamo gli unici che col contatto d’una mano si presentano, salutano, accarezzano, asciugano lacrime, additano per incolpare, accorrono in aiuto per esprimere parole mute e sollevano teste di chi, per vergogna, conosce solo la punta delle proprie scarpe.

Togliete dal mondo ciò che non è frutto delle mani e rimarrete solo voi e ciò che vi mantiene, che vi “tiene per mano”.

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LE MANI CHE PARLANO (Camy)

Di mille linguaggi

il silenzio si rompe

incomprensibile ai più.

Parlan le mani,

ad unire,

più loquaci

di mille Demostene

imprigionati nel web.

Ricordi di madri

addensati in cristalli,

immobili

sul bordo del tempo

Mani diafane

mani nodose

mani dell’umanità

 

Sorriso di madre,

argentino.

Il cuore che canta

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Mani

Abduttore, estensore, flessore, legamento, trapezio, tendine, tendine creano un’anatomia irripetibile nella ripetizione. Medesimi muscoli ed ossa in sette miliardi di persone, strumenti diversi sotto innumerevoli linguaggi del corpo. Sinonimo di stress ed agitazione, affetto poi rabbia e insicurezza. Parlare senza emettere suoni ed esprimere molto di più.

Veniamo al mondo aggrappandoci a delle mani che sono ancora niente per noi, nasciamo piangendo allo stesso modo in cui moriamo ed in questo viaggio di ritorno continuo, siamo alla ricerca delle stesse mani che ci hanno accompagnato verso l’aria libera. Ci trasciniamo dentro luoghi dentro persone che non possiedono quella morbidezza precisa, il calore avvolgente e rassicurante di una protezione a noi ben conosciuta. Scappiamo, mettiamo in atto moti di ribellione ed ira nel tentativo di distruggere ciò che ci lega a queste mani che sembrano opporsi al nostro essere, perché sono esse stesse noi, e non lo accettiamo, non tutti, non subito.

Andiamo lontano e andiamo contro il mondo, il mondo con i nostri stessi muscoli ed ossa, che ci somiglia tanto e comunque non ci fa sentire a casa. E non capiamo cosa ci muove in questa corsa che pare infinita, cosa ci sprona in questa fuga. La paura? Di quelle mani che ci sovrastano e sgretolano i pensieri.

Brachioradiale, metacarpale, polpastrelli, osso uncinato, osso trapezoide così all’infinito, strutture che non ci rendono unici che non ci rendono diversi.

Indispensabili manifestazioni timide le tue, mamma, che nascondi sotto guanti di stoffa petalo per gelosia o imbarazzo forse, perché tra noi funziona così, mostrarsi amanti è presentarsi deboli. Insegni a proteggerci dai migliori anni e dai venti forti così da non collezionare cicatrici di inverni perenni sui nostri strumenti sentimentali, a differenza di te, esposta ad ogni intemperie, quando ancora i guanti non erano un’appendice, per sollevarci verso l’aria libera e farci volare.

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SCAMBIO DI CLASSE (3BL) CON IL LYCÉE “JEAN DE PANGE” SARREGUEMINES FRANCIA

in Italia dal 26 febbraio al 4 marzo 2016

in Francia dal 16 al 23 aprile 2016

COSA TI HA COLPITO DI PIU’ DELLO SCAMBIO INTERCULTURALE?

Lo scambio culturale è un’esperienza che arricchisce molto in quanto si creano nuove amicizie, si scoprono diverse abitudini ed inoltre è una crescita interiore per scoprire se stessi.

In queste due settimane, una a Colle e una in Francia a Sarreguemines, abbiamo avuto modo di conoscere meglio i nostri compagni di classe; ci siamo “scoperti” sotto un altro punto di vista, diverso da quello scolastico. Ci siamo trovati in un altro “mondo”, liberi dalla pressione dello studio e con la sola intenzione di aprire il nostro orizzonte a nuove conoscenze.

Il viaggio è un’avventura che va fatta a mente aperta, come dice Montaigne, e oltre ad un bagaglio culturale alla fine lascia un ricordo che resterà sempre in noi.

Angela, Anna, Marta B. E Viola F.

IL NOSTRO SCAMBIO IN FRANCIA

Passare una settimana in una famiglia che ha abitudini completamente diverse dalle nostre, non sempre è un’impresa così ardua, anzi può essere un’ importante esperienza di crescita personale.

Ritrovarsi lontani da casa per sette giorni e contare su se stessi è una spinta verso un percorso di maturazione.

Durante il viaggio abbiamo avuto la possibilità di conoscerci meglio e di trovare una sintonia tra di noi, assente fino a questo momento.

Abbiamo anche potuto ammirare dei paesaggi che non avremmo mai pensato di vedere e visitato luoghi che si sono rivelati interessanti nonostante i classici pregiudizi da studenti.

Immergendoci in una realtà diversa dalla nostra siamo riusciti comunque a legare con i nostri compagni francesi, che si sono rivelati migliori rispetto alle nostre aspettative.

E’ stata un’esperienza indimenticabile, tra risate e incomprensioni siamo riusciti a tirare fuori la nostra personalità e abbiamo raggiunto l’obiettivo finale: la lingua.

Aurora D.V., Aurora N., Amina, Giorgia, Mila.

LO SCAMBIO

Lo scambio è stato molto formativo per quanto riguarda la lingua francese, ha costituito anche l’occasione di visitare posti nuovi ed osservare opere interessanti. Abbiamo sperimentato nuovi stili di vita ed abitudini talvolta completamente diverse dalle nostre.

Durante questo viaggio abbiamo potuto riscontrare in noi un certo spirito di adattamento alle situazioni che si sono presentate davanti a noi.

Marta C., Federica, Veronica, Jessica.

UN PENSIERO SULLO SCAMBIO

Appena ci è stato proposto di fare uno scambio eravamo tutti molto diffidenti, non sapendo niente dei nostri corrispondenti.

Nonostante tutto questo eravamo decisamente entusiasti di fare questo tipo di esperienza. Non pensavamo di legare così tanto con il gruppo dei francesi. Ci siamo uniti di più soprattutto durante la settimana in Francia, per questo ci stiamo organizzando per passare un’altra settimana tutti insieme.

Quest’esperienza ci ha fatto molto bene anche come classe, in quanto dopo lo scambio siamo molto più uniti; possiamo dire la stessa cosa riguardo al rapporto con i professori che ci hanno accompagnato, infatti siamo riusciti a vederli in un contesto differente da quello scolastico.

Federico, Giulia, Viola G.

LO SCAMBIO DI CLASSE A SARREGUEMINES

E’ stata un’esperienza speciale perché abbiamo conosciuto persone con cui abbiamo legato fin dal primo istante. Ricordiamo ancora quel momento in cui abbiamo visto il bus arrivare; eravamo un po’ tesi dato che era la prima volta che vedevamo i nostri corrispondenti. Appena scesi abbiamo fatto subito gruppo e col passare dei giorni siamo diventati quasi “fratelli”.

Abbiamo trascorso due settimane che ci hanno fatto maturare e ci hanno unito di più anche tra noi italiani.

Lorenzo, Mattia, Riccardo.

L’ESPERIENZA DI FRANCESCA, CHE E’ RIMASTA IN ITALIA

Il progetto (tirocinio in una scuola materna) è stato molto interessante. La settimana passata all’asilo con i bambini è stata una piacevole sorpresa. I bambini ci hanno accolto con molta allegria e tanta curiosità; le attività in lingua inglese le abbiamo svolto con i bambini più grandi, con loro abbiamo cantato e affrontato la scoperta dei colori e dei numeri.

Nel pomeriggio abbiamo dedicato anche del tempo ai più piccoli, accompagnandoli a dormire e cantando loro una ninna nanna in inglese.

E’ sicuramente un’esperienza da fare perché dà tante emozioni, i bambini si aprono e ti trasportano nel loro mondo, sicuramente io la rifarei.

Francesca

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Echange avec le Lycée “Jean de Pange” Lorraine (France)

Samedi soir

Le samedi soir (30 janvier) nous avons organisé une fête pour l’arrivée des français; nous sommes allés à la fête à 9heures et là nous avons dansé tous ensemble. Il y avait aussi nos copains qui n’avaient pas de correspondant car ils car ils avaient choisi de ne pas participer à l’échange. Nous nous sommes beaucoup amusés, quelques correspondants étaient très timides, mais nous avons fait tout le possible pour les faire sentir à leur aise. Ils ne connaissaient pas la musique qui était diffusée, mais ils l’ont aimée ; à minuit nous sommes rentrés à la maison, ils étaient très fatigués, parce que le matin ils s’étaient réveillés très tôt pour leur départ, le jour après ils nous ont dit quand même qu’ils s’étaient vraiment amusés !

Jessica Zarra, Francesca Pesce, Corina Vrabie

Le dernier soir

Le soir avant le départ nous sommes allés avec nos correspondants au restaurant pour manger, rester tous ensemble et pour nous nos saluer. Nous nous sommes donné rendez-vous à 7h30 à Poggibonsi, parce que nous sommes allés manger à l’ “Orco”, une pizzeria dans le centre de la ville. Nous étions plus ou moins 50 personnes, soit nous avec nos correspondants soit nos copains de classe qui ne participent pas à l’échange.

Quand nous nous sommes mis assis, les correspondants nous ont apporté une affiche où chacun des eux avait écrit un message pour son corrès : c’était un moment fantastique !

Avec ce dîner, toutes les incompréhensions que nous avions eues dans notre classe avaient disparu et, finalement, on ressemblait à une véritable classe.

Après le dîner, nous sommes allés au Pub tous ensemble pour terminer une belle soirée.

Chaque correspondant a pleuré parce qu’ils ne voulaient pas partir et, à ce moment là, nous avons aussi commencé à pleurer.

Grâce à cette expérience nous avons compris qu’une magnifique amitié va au-delà de la distance.

Adele Biuzzi

Sara Peccianti

Virginia Cennini

Le dernier soir

 

Le dernier soir nous sommes allés tous ensemble au restaurant pour nous saluer. Nous nous sommes rencontrés dans le centre l’après midi et à 20h nous sommes allés manger. Au début nous nous étions séparés entre italiens et français, mais après nous nous sommes mélangés. Pendant que nous attendions de manger, nous avons parlé et nous nous avons pris des photos pour avoir des souvenirs de cette  semaine. Pendant le véritable dîner nous avons continué à parler et donc on a découvert toutes les curiosités de leurs vies et celles aussi des nôtres. Quand nous avons terminé le dîner nous sommes allés au pub et nous avions célébré la belle semaine que nous avions passée ensemble !

 

 Giulia Bartalini

Gloria Mulas

L’échange


Cette magnifique expérience sert aussi pour la naissance de nouvelles amitiés, non seulement entre nos corres français et nous, mais aussi avec les corres des autres.
Par exemple le mercredi soir Chiara est venue chez moi avec Léa, sa corres, Nous avons parlé des nos films, livres et musique préférés dans ma chambre et nous avons vu que beaucoup des choses sont pareilles et communes entre nous.
A 20h Chiara et moi on a commencé à cuisiner, pendant que Camille et Léa mettaient la table.
On a travaillé toutes ensemble, et a la fin on a mangé des pâtes a la Bolognese (Chiara non parce qu’ elle est allergique plus ou moins à tout) et du saumon.
Après que nous avons fini de manger  les autres Italiennes et leurs corres françaises sont arrivées chez moi pour passer une soirée toutes ensemble.
On a chanté, on a mangé, pris des photos et on a bavardé des garçons.
Nous nous sommes amusées beaucoup, et les amitiés sont devenues encore plus fortes.
On espère que cette amitié sera pour le reste de nos vies et on pense que cette expérience sert justement à ça.


Rachele Di Renzo, Chiara Salvestrini


Notre opinion de l’échange

Avant tout il faut dire que ç’a été une semaine fantastique. Au début nous étions inquiètes parce que nous avions peur que ç’aurait été une semaine difficile. Nous avions peur de ne pas trouver des sujets dont parler et donc d’avoir un certain embarras…. Mais ce n’était pas ainsi!

Quand nous avons su l’identité de nos correspondants, nous avons commencé à nous écrire sur whatsapp,sur facebook. Nous avons commencé à nous connaître, à nous raconter notre journée habituelle, nos goûts et lentement nous nous sommes fait une idée de qui nous devions rencontrer… nous ne pouvions pas attendre de nous voir!

Le jour de leur arrivée nous étions agités, mais malgré cela, nous avons chercher à les faire sentir chez eux. Au début ils étaient en peu perdus mais quand nous sommes allés à la maison ils se sont tranquillises. Ils étaient très polis et pendant la semaine il se sont adaptés à nos engagements sans aucun problème.

Nous avons passé une semaine importante aussi pour notre classe parce que d’habitude nous sommes une classe divisée mais pendant ces jours nous nous sommes rapprochés… nous avons été presque une classe unie!

Cependant, nous sommes encore en contact avec eux, presque tous les jours pour nous raconter toutes les nouveautés parce que désormais ils font partie de notre vie!

Lucrezia Polidori, Gloria Mulas

Le dernier soir

Le dernier soir ma classe avec les correspondants, nous avons dîné tous ensemble à Poggibonsi. Avant nous nous sommes retrouvés à la gare de Poggibonsi ; nous avons parlé et plus tard nous nous sommes promenés. A sept heures et demie nous sommes allés au restaurant tous ensemble, nous avons mangé une très bonne pizza et d’autres choses délicieuses. Après le dîner les français nous ont montré une affiche sur laquelle ils avaient écrit des phrases pour nous remercier. Ensuite nous avons pris des photos de notre groupe, nous sommes allés au Pub, mais quelques-uns d’entre nous sont rentrés à la maison, tandis que d’autres sont restés au Pub. Vers onze heures et demie nous sommes tous rentrés à la maison et enfin nous nous sommes donné rendez-vous pour le lendemain matin.

Paolo di Leo, Romina Tafa, Filippo Vannetti

Le matin du départ on s’est réveillées plus tôt que les autres matins. On avait sommeil et nous étions très tristes. Nos amis seraient partis et nous ne les aurions pas vus pendant un mois. Quand on est arrivées au bus on a mis les valises a l’intérieur et nous sommes rendu compte d’avoir connu des personnes magnifiques. Ce matin il y avait la neige et tout était blanc, on est restés une demi heure pour les saluer et nous avons pleuré. Puis ils sont montés dans le bus et ils sont partis malgré le mauvais temps. Il a été le jour le plus triste parce que la distance est une chose qui fait mal au cœur, parce que quand tu trouves un/une ami/amie tu as aussi trouvé un trésor.

Greta Marrucci Camilla Lellis

La classe 3BL, più tre alunni della 4BL e due della 4AL, hanno partecipato alla fase « italiana » dello scambio con il Lycée « Jean de Pange » di Sarreguemines, città della Lorena, dal 30 gennaio al 6 febbraio scorso. Gli alunni francesi sono stati ospitati dalle famiglie dei nostri studenti e hanno partecipato non solo alle lezioni, ma hanno svolto alcune visite nelle città toscane di Siena, Firenze, Sansepolcro ed Arezzo. Sono stati inoltre ricevuti in Municipio, a Colle di Val d’Elsa, dall’assessore Andreini, che li ha accolti con grande familiarità e ha rivolto numerose domande sulla loro vita di studenti liceali.

L’atmosfera, durante tutta la settimana, è stata improntata alla massima serenità e disponibilità reciproca ; i nostri alunni, al termine dell’esperienza, hanno espresso, insieme alle lacrime « versate » la mattina della partenza del gruppo ospite, un grande entusiasmo e soddisfazione per la settimana appena conclusa. I giorni dello scambio hanno costituito non solo un momento davvero significativo per tutti loro, docenti comprese, ma ha permesso ai nostri studenti di approfondire e migliorare i rapporti all’interno della classe, oltre che, ovviamente, a praticare la lingua francese in modo intensivo.

Prossima tappa, dal 21 al 28 marzo, fase francese…Sareguemines preparati, stiamo per arrivare !!!!

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Sul dolore

Parole di Atelofobica

Ho perso il mio migliore amico per colpa di un cancro alle ossa all’età di 14 anni. Era il mio compagno di banco, la persona con cui ho condiviso la mia prima birra, la prima sigaretta, le prime cazzate, i racconti delle mie cotte non condivise, i momenti bui e le grandi gioie. Era quell’amico che cerchi e che non trovi. Noi due ci siamo cercati e voluti. Appena ci siamo incontrati, io ero all’ultimo banco a sinistra e lui al primo a destra. Non c’era nessun motivo per il quale noi due dovessimo diventare amici, eppure lo siamo diventati.

Ci siamo voluti bene, tanto bene. Abbiamo imparato a sognare insieme e a capire di essere DEI RAGAZZI PARTICOLARI, così ci definivano i professori, perché io ero dislessica e lui iperattivo al massimo e super sensibile. Un pregio e non un difetto per me.

A maggio del 2010 andiamo al concerto di Jovanotti a Firenze, quello è stato l’ultimo momento in cui abbiamo riso insieme. Dopo ci sono stati gli esami di terza media e le vacanze estive.

Poi è arrivata lei, la malattia più BASTARDA che ci sia. Lo ha portato via in pochi mesi e l’ho ritrovato in una bara.

Da quel momento ho capito due cose. La prima è che la vita è il più grande dono che ci sia e bisogna viverla fino all’ultimo secondo, mangiarsi gli attimi e godersi tutto ciò che quest’avventura ti mette a disposizione. La seconda è che con certe cose non si scherza. Bisogna sempre stare vigili e ascoltare quello che il nostro corpo tenta di dirci, ed anche se ci sembra impossibile che cose del genere possano accadere a noi, dobbiamo prevenire e farci controllare appena sentiamo che qualcosa non va.

“ NON C’E’ UN PERCHE’, SE UNO SI AMMALA DI CANCRO QUANDO VA ALLE SUPERIORI, MA C’E’ UN PERCHE’ SE C’E’ CHI GUARISCE.”

Chi avrebbe mai immaginato che il mio migliore amico si potesse ammalare e diventare un “angelo” in pochissimi mesi? Invece è successo.

Vorrei dire a tutte quelle persone che dicono che il dolore e la sofferenza non esistono quando si è giovani che non è affatto vero.

La sofferenza è il passo dopo il dolore, nasce da esso e dall’impossibilità di accettare ciò che è accaduto.
La mia sofferenza è il non riuscire ad accettare di essere impotente di fronte a certe cose, e certe sofferenze non se ne vanno.

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  Guardando con gli occhi di un soldato

 

Torneranno i prati  è un film del 2014 scritto e diretto dal regista Ermanno Olmi. E’ ambientato nelle trincee sull’Altopiano di Asiago (nord Italia), durante il conflitto della Prima Guerra Mondiale (nel 1917 circa). Tutti i fatti sono realmente accaduti poiché mostrano la vita dei soldati, in quel periodo estremamente difficile, ponendo un forte contrasto tra la pace che regna nella natura e il modo in cui l’uomo infrange questa quiete attraverso la guerra e i bombardamenti. Le immagini sono cupe, fredde, sottolineate da un silenzio assordante che uccide ancor prima i soldati. La malinconia,la tristezza, la rassegnazione pervadono le menti di questi uomini facendo morire la loro anima. La Prima Guerra Mondiale per questo motivo fu un tragico esperimento: la psichiatria moderna scoprì che lo stress della guerra poteva arrivare a fare impazzire i soldati. E questo tema è ben visibile all’interno del film. Gli Inglesi la chiamarono “Shellshock” ovvero la malattia nata sui campi di battaglia e nelle trincee. I soldati manifestavano sintomi quali:palpitazioni,  paralisi o tremori in tutto il corpo, incubi, insonnia (sintomi presenti in molte scene del film). Nacque quindi la consapevolezza che la guerra procurasse profondi danni e traumi nell’uomo fino a farlo impazzire. Infatti Olmi si sofferma molto sullo stato d’animo dei soldati rappresentando momenti di debolezza in cui qualche soldato pone fine alla propria vita perchè consapevole di non aver via di scampo, ritraendo momenti di angoscia e di disperazione…il tutto è delineato dall’ immobilità e dalla staticità del ambiente circostante.

Il film è molto forte,  rappresenta il dolore della guerra. Personalmente mi è piaciuto, perchè è pieno di significato e le riflessioni che si possono fare su di esso sono molte. Attraverso la visione di questi fatti e della sofferenza che realmente è stata vissuta dai nostri antenati, la memoria e il ricordo vengono condivisi con il pubblico che, se sa cogliere il senso del film, incarna in prima persona le emozioni del regista.

“Hokey Pokey”

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Felicità è un sorriso

Parole di “sognatore”

Felicità
è anche… un Sorriso!

Donare un sorriso
rende felice il cuore.

Arricchisce chi lo riceve
senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un
istante
ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è così ricco
da poterne
far a meno
nè così povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in
famiglia,
dà sostegno nel lavoro
ed è segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
rinnova il coraggio nelle prove
e nella tristezza è medicina.

E se poi incontri chi non te lo offre,
sii generoso e
porgigli il tuo:
nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
come colui che non sa
darlo.

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Altre riflessioni su “Torneranno i prati”

“Torneranno i prati” è un film di Ermanno Olmi che racconta una notte in trincea; è un film pieno di significato, il regista riesce a far capire i sentimenti e le emozioni dei personaggi. Gli uomini in trincea si sentono soli di fronte a se stessi, non hanno più speranza, sanno già quale sarà il loro destino e in loro non c’è neanche disperazione perché oramai il loro futuro è già scritto.
Alcuni di questi non riescono a stare lì sapendo di dover morire e chiedono di farsi uccidere .
Il titolo “Torneranno i prati” sta a significare che quando la guerra finirà i prati torneranno a essere verdi e può essere visto come una metafora; la rinascita anche da parte della natura può coprire la sofferenza che prima si aveva in quei territori di guerra.
Questo film è stato realizzato per il centenario della Prima Guerra Mondiale e soprattutto per far sì che le persone ricordandosi ciò che è successo non rifacciano gli stessi errori.

Pino il pinguino

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Riflessioni sul film “Torneranno i prati”

Torneranno i prati di Ermanno Olmi, è un film che racconta di una vicenda realmente accaduta durante la prima Guerra Mondiale nel fronte Nord-Est sugli Altopiani.Olmi ha dedicato il film a suo padre, il quale partecipò all’accaduto e da cui il figlio, tramite i suoi racconti, ha preso spunto per realizzare la sua creazione. Un film, a mio parere, da assaporare nel silenzio per apprendere a fondo il significato e il tipo di vita che dovettero fare i soldati nel fronte, oltre alla presenza di un’ambientazione immersa in un’ infinita neve bianca.Un film basato soprattutto sul piano delle immagini e sui pochi suoni significativi, che sulle azioni svolte dai personaggi. C’è un grande contrasto, che mi è piaciuto molto, fra i colori bianco e nero presenti nell’ambientazione esterna, nella rappresentazione dell’interno del fronte e nell’oscurità della notte.

La scena che mi ha colpito maggiormente, e forse la più espressiva, è stata durante il turno della vedetta che nel chiarore magico del plenilunio osserva incantato la neve e gli animali come se fossero qualcosa di mai visto. L’albero di larice, spoglio e ormai ridotto alla sola struttura osservato continuamente dalla vedetta, rappresenta per me la speranza. Una speranza racchiusa nella semplicità di tutto ciò che circonda i soldati, anche se spesso viene abbandonata. La perdita della speranza si nota molto bene con l’attacco successivo che riduce in fiamme il povero larice e che successivamente rade al suolo il fronte uccidendo vari soldati. Fuoco ardente simbolo della morte e della guerra che spezza la speranza di vincere, sopravvivere ma soprattutto tornare dalle proprie famiglie. Le foto e le lettere dei famigliari, che vengono portate al fronte, sono le ancore di salvezza per i soldati. Ancore forti e solide che mantengono nell’uomo quel barlume di speranza e voglia di vivere.  Ma “chi sopravviverà morirà due volte” scrive nella lettera il giovane “tenentino” alla madre rivelando il vero messaggio di ciò che procura la guerra soprattutto per chi riesce a salvarsi. Il rammarico, il disagio,  di un’ uomo che non riesce più a vivere con se  stesso sapendo di non essere riuscito a salvare il maggior numero dei suoi compagni. Il solo ricordo logora gli animi, distrugge la mente. Se non si è capaci di perdonare non si è uomini e non si può vivere serenamente. Film molto emozionante particolare a cui dedicare molta attenzione simbolo della nostra storia, di uomini che hanno rischiato la vita per altri uomini.

Noah S.

 

 

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Riflessioni sul film “I nostri ragazzi”

Il film “I nostri ragazzi” è stato molto d’impatto, perché in pochi minuti ha fatto capire come stanno andando le cose fra genitori e figli e anche il rapporto con le nuove tecnologie. Nel film possiamo notare che adesso nella maggior parte dei casi, come nella realtà, non esistono più i veri figli e i veri genitori educatori, non esiste più la comunicazione fra le due parti.  Le famiglie secondo me non sono più un nucleo solido, perché in primo luogo non c’è rispetto e le persone con tutti gli stimoli della società essendo stressati tornano a casa stanchi e non hanno voglia di fare il padre o la madre o il figlio; le persone hanno voglia solo di stare con se stesse e stare serene. Le attività fondamentali e basilari nella famiglia, come fa notare il film con le scene della famiglia quando cenano, fa capire che ormai ognuno pensa a se, la famiglia non si riunisce più tutta insieme. la cena è un’attività molto importante perché  con essa possiamo capire com’è fatta una persona raccontandosi le cose fatte durante il giorno e capire la sua sensibilità. I giovani di oggi, compresa me, sono soggetti a nuove tecnologie che stanno prendendo il sopravvento. Abusiamo di un servizio a noi dato in modo negativo, perché in un certo senso siamo influenzati da ciò che non esiste realmente, ma un mondo inesistente e frutto di inganno. Il regista ha paura di come può cambiare il mondo internet e io condivido questa affermazione, secondo me non esisteranno più le relazioni vere, ma solo costruite in modo meccanico, mi fa capire che ormai i sentimenti sono messi da parte, non esiste quasi più l’emozione di incontrare una persona dal vivo per la prima volta, perché il primo incontro è stato fatto dietro a uno schermo. Credo che le persone della mia età si siano salvate da quest’onda, ma i bambini che in futuro saranno adolescenti, non potranno scampare a quest’influenza negativa su di loro. Le emozioni sono importanti, capiamo anche noi stessi da esse e se non le sviluppiamo e se non le facciamo nascere, diventeremo tutti della macchine con intelligenza latente.

 

la dea Iride

 

 

 

 

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Felicità e altro

Parole di Car

Felicità ritrovata.

Sotto il pozzo son rinchiuso

non sento luce sul muso

mi buttai qui solo.

Il sasso ruvido la pelle mi brucia

ma la luce mi urla parole in fiducia.

Annuso l’odore del verde,

finalmente fuori dal buco;

 

Ad M.

Nella mia testa,

il blu. Sommersi

il ricordo dei pensieri di allora

ma mi bruciano ancora.

Io l’ho fatto.

Tu non avresti potuto.

 

STORIA EUROPEA

Rosso sulle mura

di codesto borghetto

e sulle bocche colte

di modesto agricoltore.

 

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Libertà

Parole di Gameover

Negli adolescenti la parola libertà viene associata spesso al compimento dei 18 anni perché diminuiscono le regole imposte dai genitori e aumenta l’indipendenza. Ma tutto sommato la libertà non può esistere senza obblighi o regole da rispettare, ci sono sempre dei fattori che fanno in modo che la tua libertà sia limitata come se ci trovassimo in un recinto: all’ interno possiamo essere liberi ma non possiamo scavalcarlo.
In effetti è un doppio senso poiché apparentemente dovrebbe essere l’opposto ma secondo me non è così.
La libertà è una scelta difficile, basta pensare a quello che faremmo di fronte ad un bivio immaginario: è difficile scegliere, fare la scelta giusta, siamo liberi ma allo stesso tempo questa libertà ci mette in difficoltà, al punto che a volte vorremmo che ci fosse qualcun altro a scegliere per noi.
Nella vita ci troviamo spesso di fronte a due strade, per esempio a destra potremmo trovare una cosa che desideriamo con tutto il cuore, mentre a sinistra ci allontaniamo dal nostro desiderio.
Sta a noi scegliere quale percorso prendere, valutando i pro e i contro e molto spesso siamo obbligati ad andare a sinistra, rinunciando ai nostri desideri, perche ragionando ci accorgiamo che gli aspetti negativi superano quelli positivi.
Alla fine forse tutto è necessario, forse è dovuto a persone o cose esterne che influenzano la nostra scelta o forse qualcuno ha già scelto per noi.
Secondo me queste possibilità potrebbero essere collegate ed è probabile che la nostra storia sia già stata scritta e di conseguenza la nostra libertà sia solo una libertà illusoria.

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La libertà

Parole di dedda98

Libertà? Non saprei come spiegare questo termine , ma voglio provarci. La libertà è qualcosa che nessun uomo ha mai posseduto, essere liberi significa avere tutto il mondo o addirittura tutto l’universo nelle proprie mai, libertà è tenere nelle mani le chiavi del proprio destino, la libertà è potere.. è il potere di decidere cosa mi capiterà domani mattina, che mangerò domani a colazione , che cosa farò di pomeriggio, libertà sono le mie scelte !! Premetto che io sono una persona fantasiosa e credo nelle cose più improbabili del mondo, credo in un futuro migliore, credo in quel futuro dove tutto è magico e una persona non dipende da un ‘altra, credo in un posto pieno di persone veramente libere, dove non c’è nessuno che ti dica cosa fare. Un mondo in cui io sono la padrona di me stessa…
” Ma sei matta??” Si questa è la domanda che mi sento fare quasi sempre quando entro in questo argomento!! Mi chiedo cosa c’è di male. Credere a un mondo migliore dove ogni giorno è un avventura dove non si invecchia ne si cresce mai, dove l’unica cosa che ti sostiene è la fantasia Immaginiamo di chiudere gli occhi e pensare di volare in un posto dove non ci sono scuole, non ci sono i prof, non ci sono i genitori, un posto dove tutto è magico, dove ci sono Fate, cattivi da sconfiggere. Meglio sentirsi liberi facendo viaggiare l’immaginazione che vivere in un mondo come questo dove ogni giorno hai a che fare con persone crudeli , false ed egoiste, in cui viviamo incatenati tutti alla stessa catena e ci facciamo trascinare da un parte all’altra senza uno scopo. E cosa facciamo noi ??! Nulla!! Noi ci stiamo negando la libertà da soli, allora rompiamo questa catena e lasciamoci andare, come una foglia che cade e viene trascinata dal vento verso un posto immaginario….

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Felicità

Parole di freudwosky

Sorridere nel buio

di noi stessi

coraggio di sorridere e di ridere

quando ormai

le labbra non formano più quel solco

felicità

sentimento sconosciuto a chi più è felice.

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Ricominciare

Parole di Viandante   (pubblico di nuovo, avevo omesso una parte)

RICOMINCIARE

La strada è fatta di piccoli e lunghi passi,

La vita è fatta di brevi e lunghi giorni.

Le querce che sfidano il tempo

Non si fanno robuste

In una sola stagione.

Il merito sta

Nel saper sempre

Ricominciare.

 

Caterina Muggianu “Lumicini d’amore”

.. Ed eccomi qui, come ogni mattina pronta a ricominciare a vivere, a pregare, a sperare ed a pensarla. Ormai sono quasi quattro anni che ogni mattina mi alzo e ricomincio tutto da capo. Sono passati quattro lunghissimi anni da quando sono venuta a sapere di ciò che le stava accadendo, quale malattia me la stesse portando via. Tumore allo stomaco. Glie lo avevano scoperto cosi, da un semplice dolore, un po’ di nausea, come quando scopri di essere incinta, ma qui le due cose sono completamente diverse. Un tumore allo stomaco non è cosa da poco, le hanno dovuto asportare e al suo posto inserire un sacchetto di plastica. Le avevano dato un paio di mesi di vita da novembre, da quando le avevano asportato tutto. Ma lei ha visto sua figlia andare in Francia, e rassicurarla sul fatto che forse quando sarebbe tornata la mamma non ci sarebbe più stata. Ma lei è tornata e ha trovato sua madre ad aspettarla all’ aeroporto. Ha visto la sua bambina diventare donna, passare in primo liceo, linguistico, anche se a lei non piaceva molto. E cosi ogni giorno ricomincio pregando, per lei perché possa arrivare a sera sopportando il dolore, con il sorriso sulle labbra. Il problema di ricominciare ogni giorno è che non puoi scordarti cosa è successo prima. Non puoi dimenticare l’ultima visita dal dottore, l ultima TAC dove il dottore ti spiattella in faccia la dura verità “il tumore le si è risvegliato signora, nel pancreas e nelle ovaie. Non è facile ricominciare pensando all’ultima visita dove le infermiere ti guardano e piangono perché sono consapevoli del fatto che tra tre mesi, alla prossima tac, accanto a quell’ora non ci sarà più nessun nome perché lei se ne sarà andata. Spesso piango, poi cerco di farmi forza perché quando avverrà, quando lei se ne andrà, non dovrà più soffrire e qui rimarrò sola nel limbo dei miei pensieri. E allora ricomincio. A piangere, a procurarmi la nausea fino a che non svengo. Poi mi sveglio e spero che tutto questo sia un brutto sogno, e mi rendo conto che questa è la realtà, non si può sfuggire dai problemi ma affrontarli a testa alta. Ed eccomi qui, come ogni sera a chiedere a Dio, o a chiunque comandi lassù di farmi dormire tranquilla, di farmi sapere che lei sta meglio e non che ormai è questione di due o tre settimane, giorni o addirittura ore prima che lei se ne vada; chiedo di ricominciare ogni mattina come faccio da tre anni, con la forza di andare avanti e di non lasciarla sola, come io sarò appena lei se ne andrà.

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Abbiamo tutti bisogno di ricordare per imparare a vivere

Parole di Penguin
Non so esattamente la funzione di un ricordo. Possiamo dimenticare le date,
la prima declinazione, la password della mail. Ma le persone, quelle no. Quelle
ti si appiccicano agli occhi come la sabbia si appiccica sulle mani. Ricordare,
mi fa sentire pesante, triste, distante dai momenti che sto vivendo. Ricordare
sa di rimpianto. Ormai le scelte però le abbiamo fatte, le cose sono successe,
le persone se ne sono andate. Ma abbiamo tutti bisogno di ricordare per
imparare a vivere. Per iniziare un nuovo capitolo della tua vita devi prima
ricordarti come finisce quello precedente. Nonostante il dolore dobbiamo
ricordare chi siamo stati per sapere chi saremo. Ricordare fa parte della
vita.

“E’ difficile dimenticare qualcuno che ti ha dato molto da ricordare”- John
Green

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… il dolore fa parte della felicità

Parole di Red

Ricordare …

Ricordare è un verbo e la sua etimologia deriva dal latino, da cor, da cuore.

Ricordare ci permette di rivivere ciò che ci è accaduto nel passato nella nostra mente.

Ricordare può suscitare in noi varie emozioni.

Ricordare a volte significa sorridere involontariamente, ma anche sentire gli occhi iniziare a bruciare per colpa delle lacrime.

Ricordare vuol dire anche sapere come ci chiamiamo, dove siamo nati e tutte le cose che ci riguardano. Se non ricordassimo nulla, molto probabilmente ci sentiremmo niente nel mondo, perché nella vita è necessario sapere chi siamo, chi sono le persone per noi importanti, dove abitiamo e tutto ciò che ci riguarda in primo piano.

La memoria è la casa dei ricordi. Tutti i ricordi per noi importanti, fanno parte della memoria a lungo termine, mentre quello che noi diamo per scontato di sapere e quello che facciamo quotidianamente, fanno parte di quella a breve termine.

Molti pensano che non ricordare qualcosa di brutto, che ci fa provare dolore, ci aiuti a trovare prima una delle strade che ci porta alla felicità, ma è inutile perché il dolore fa parte della felicità: senza di esso non potremmo sapere cosa proviamo quando siamo felici.

Parliamo spesso di dimenticare qualcuno o qualcosa che ci ha fatto del male, ma è impossibile perché niente che ci ha causato dolore e tristezza va via dalla memoria. Anche quelli fanno parte di noi e ci fanno essere quello che siamo. Se mancassero, il nostro puzzle sarebbe incompleto.

Ricordare ci permette anche di crescere, perché possiamo capire come nel corso degli anni siamo cambiati. Ad esempio, da piccola pensavo che da grande sarei diventata una principessa come quelle delle fiabe, che sposa un bellissimo principe azzurro e che avrà una vita costellata di motivi per cui essere felice. Quando mi chiedevano quale fosse il mio sogno e che cosa io volessi diventare da grande, rispondevo sempre la stessa cosa: << Voglio essere una principessa, come Biancaneve o Cenerentola. Voglio diventare bella come loro e vivere con un principe>>.

Disegnavo sempre principesse con gli abiti rosa , in groppa a un cavallo bianco insieme al principe azzurro, rigorosamente vestito con un bellissimo color cielo. Ero più che convinta che quello sarebbe stato il mio futuro, e l’idea mi piaceva moltissimo, perché è sempre bello quando un sogno si realizza.

E i miei genitori, mi compravano sempre delle coroncine da principessa, da cui non mi scollavo, eccetto per andare a letto, siccome facevano male alla testa.

Questo è un bel ricordo della mia infanzia, ma crescendo ho capito da sola che nella realtà di oggi non esistono le principesse che intendevo io da piccola e i miei sogni per il futuro sono cambiati. Forse cambieranno ancora, e tutte le mie vecchie idee finiranno inscatolate nella mia memoria, o forse cresceranno, fino a diventare realtà.

Non smettiamo mai di ricordare ciò che ci succede, e anche se si perde la memoria, continueremo a ricordare quello che ci accade al momento e quello che accadrà nel nostro futuro.

Ricordare è un’azione che mai si fermerà nella nostra vita.

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E’ difficile perché ricordi, ricordi perché è stato bello, è stato bello perché era vero

Parole di “La ragazza insicura”

Ricordare? Ma ricordare cosa?

Ricordare quell’istante? Quell’emozione? Ricordare quel sogno tanto atteso? O ricordare quella persona? Quella persona per la quale hai fatto di tutto!?

Ricordare è non togliersi dalla mente quel qualcosa di importante, quel qualcosa che ti ha cambiato, distinguendoti dagli altri, quel qualcosa che ha fatto parte di te.

Ricordare è non lasciare che la tua mente perda quel punto, che pian piano vada via, facendo sì che tu te ne dimentichi.

Ricordare è lasciare ben visibile quel ricordo. Perché un segno è difficile cancellarlo.

E’ difficile cancellare quell’amicizia, è difficile credere di poter andare avanti senza di lui. Lui che ti ha lasciato ad affrontare tutti senza più la sua presenza al tuo fianco. Lui che se ne è andato senza darti un motivo. Quel motivo che ti ha dato tanto da capire. Ti ha fatto capire l’importanza di vivere al meglio ogni secondo, ti ha fatto capire l’importanza che un momento di crisi l’hanno tutti. Quel momento in cui ricordi il passato, ma che ormai non è più il tuo presente e non sarà più il tuo futuro.

E’ difficile dimenticare qualcuno che ti ha dato tanto da ricordare.

E’ difficile perché ricordi, ricordi perché è stato bello, è stato bello perché era vero.

Ma adesso di quell’amicizia mi rimangono solo questi ricordi, i ricordi belli ai quali non voglio dire addio. E se ci pensi un attimo è bello sapere di poter ricordare quei momenti insostituibili. Molti ti diranno che ancora sei piccolo per parlare di queste cose, che non hai l’esperienza, ma ti dico non badare ad esse, scrivi e dici quello che pensi senza paura.

E un giorno sarà bello ricordare questo momento, si lo ricorderò e lo ricorderò con il sorriso.

Ricordare? Ma ricordare cosa?

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Il ricordo è una cosa straordinaria, ma un po’ rognosa …

Parole di  MaNiAC 

il ricordo… Il ricordo per me è una cosa straordinaria, ma al tempo stesso un po’ rognosa o infida perché ti fa ricordare i tuoi avvenimenti più belli, ma al tempo stesso quelli più tristi. Comunque un uomo senza ricordi… è un uomo senza emozioni cioè, non esisterebbe perché i ricordi sono il nostro passato…Questo per me è un ricordo, un video del nostro passato che rimane dentro di noi, brutto o bello che sia.

IL MIO RICORDO:

Era un sabato caldo d’estate. Ero fuori a giocare con mio fratello e un venticello mi toccava.. come se fosse la carezza di mia madre soffice e piacevole…Ma all’improvviso mio fratello iniziò a prendermi in giro perché non sapevo ancora andare in bici senza rotelle.Andai su in casa e costrinsi mia madre ad insegnarmelo. Eravamo tutti fuori e io, sulla mia bellissima bici blu e gialla come la moto di Valentino Rossi, iniziai a pedalare. Avevo paura, infatti gridavo sempre a mia mamma “Non lasciarmi!” fino a quando lei mi rispose “Ti ho già lasciato, stai andando da solo!” Mi girai e non vidi nessuno e provai un senso di libertà come se tutti i miei pensieri non esistessero più. Questo ricordo vale molto per me è uno dei più belli.

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… orienteremo il nostro futuro anche in base ai ricordi

Parole di Papaveri e papere

Ricordare … dal latino recordari, re-cordis “cuore”. In antichità, infatti il cuore era ritenuto la sede della memoria e secondo me è vero. Quando ricordi qualcosa o qualcuno è perché ce l’hai nel cuore. Quel ricordo testimonia una cosa importante per te, una cosa che vuoi portarti dentro, bella o brutta che sia. Si, perché i ricordi sono anche brutti. Tutti  ricordiamo un avvenimento che ci ha fatto sfigurare o una persona che non vorremmo tenere in mente. I ricordi comunque ci permettono di crescere. Grazie a loro, infatti eviteremo di ripetere più volte un errore fatto in passato, tendendo ben a mente le conseguenze che c’erano state. Oppure, grazie ai ricordi, ripeteremo un’avventura stupenda con la stessa emozione della precedente.  Ecco perché secondo me i ricordi mandano avanti, noi orienteremo il nostro futuro anche in base ai ricordi. La nostra vita è piena di cose belle che ripensandole diventano ancora più fantastiche, quelle che ti lasceranno delle emozioni impossibili da cancellare. Ci sono anche cose tristi che ritornano in superficie per vedere se fanno ancora male, se sono ancora brutte … e che comunque saranno anche queste impossibili da cancellare.

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Con i ricordi possiamo tenere le persone in vita

Parole di Red 03

“Che cos’è  per voi ricordare ?”

Beh,  per me ricordare è  una cosa essenziale, senza la quale non è possibile vivere. Senza non potremmo rivivere i momenti felici o i momenti un po’ meno felici che ci hanno costruito, che hanno  contribuito a costruire il  nostro carattere.

Ricordare è utile per prepararci a momenti difficili, che ci accadranno in futuro, senza commettere gli stessi errori.

Oppure può  servire a  pensare anche ad una persona,  che non è  più presente nella nostra vita, magari perché ci abbiamo litigato. Ricordando riviviamo tutto e si può  tornare felici anche se per poco.

Con i ricordi possiamo tenere le persone in vita, cioè le persone che non sono qui con noi fisicamente, restano in vita nei nostri ricordi, nei nostri cuori.

E’ vero quando si dice che le persone muoiono in tutti i sensi quando vengono dimenticate.

Alcuni credono che ricordare sia una cosa banale, di poca importanza, ma nel mondo ci sono persone che non ci riescono, non riescono a ricordare e questa è  la cosa più  brutta che possa capitare ad una persona.

Come può una persona  essere felice  senza ricordare tutte le cose che gli sono  accadute? Senza ricordarsi dei genitori, delle avventure, degli amici, dell’infanzia, insomma come può  fare?

Beh, non può, perché è una cosa veramente orribile, io non so se riuscirei a vivere, a stare bene, a essere felice senza ricordare, perché per me il ricordo è la cosa più bella che la mente umana possa fare.

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