Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato
Bicêtre
Condannato a morte!
E’ da cinque settimane che vivo con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre gelato dalla sua presenza, sempre piegato sotto il suo peso!
Un tempo, poiché mi sembra che siano passati più anni che settimane, ero un uomo come un altro. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto aveva la sua illusione. Il mio spirito, giovane e ricco, era pieno di fantasie. Si divertiva a srotolarmene in mente le une dopo le altre, senza ordine e senza fine, ricamando di inesauribili arabeschi questa rude e sottile tessuto della vita. C’erano delle giovani ragazze, splendidi piviali da vescovo, battaglie vinte, teatri pieni di confusione e di luce, e ancora giovani ragazze e passeggiate buie la notte, sotto le ampie braccia dei castagni. Era sempre festa nella mia immaginazione. Potevo pensare a quello che volevo, ero libero.
Adesso sono prigioniero. Il mio corpo è ai ferri in una segreta, il mio spirito è in prigione in una illusione. Un’orribile, sanguinosa, implacabile illusione! Non ho altro che un pensiero, una convinzione, una certezza: condannato a morte!
Marta Bartalucci
Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato
Bicêtre
Condannato a morte!
Sono già cinque settimane che abito con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre ghiacciato dalla sua presenza, sempre incurvato sotto al suo peso!
Un tempo, poiché mi sembrano passati anni piuttosto che settimane, ero un uomo come un altro. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto aveva la sua idea. Il mio spirito giovane e ricco, era pieno di fantasie. Si divertiva a farle rincorrere, le une dopo le altre, senza ordine e senza fine, ricamando con infiniti arabeschi questa rude e magra stoffa della vita. Erano delle giovani ragazze, splendidi piviali di vescovo, battaglie vinte, teatri pieni di confusione e di luce, e poi ancora delle giovani ragazze e delle fosche passeggiate la notte sotto le larghe braccia dei castagni. Era sempre festa dentro la mia immaginazione. Potevo pensare a quello che volevo, ero libero.
Adesso sono prigioniero. Il mio corpo è in catene dentro una cella, il mio spirito, la mia mente, è in prigione dentro un’idea. Un’orribile, sanguinosa, implacabile idea! Ne ho più che un’idea, una convinzione, una certezza: condannato a morte!
Amina Charouk
Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato
Bicêtre
Condannato a morte!
Ecco, sono cinque settimane che convivo con questo pensiero, tutti i giorni solo insieme a lui, tutti i giorni agghiacciato dalla sua presenza, tutti i giorni incurvato dal suo peso!
Un tempo, poiché mi sembrano passati degli anni invece che delle settimane, ero un uomo come gli altri. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto possedeva la sua idea. Il mio spirito, giovane e ricco era pieno di fantasie. Si divertiva a srotolarmele una dopo l’altra, senza ordine, senza fine ricamate di inesauribili arabeschi questa rude e miserabile stoffa della vita. Riguardavano giovani ragazze, splendidi piviali da vescovo, battaglie vinte, teatri pieni di rumore e luce e poi ancora giovani ragazze e oscure passeggiate la notte sotto le larghe braccia degli ippocastani. Tutti i giorni era una festa dentro la mia immaginazione. Potevo pensare a quello che volevo, ero libero.
Ora sono un prigioniero. Il mio corpo è incatenato dentro una prigione, il mio spirito è imprigionato dentro un’idea. Un’orribile, sanguinante ed implacabile idea! Non ho che un pensiero, una convinzione, una certezza: condannato a morte!
Federica Tribuzio
Victor Hugo, L’ultimo giorno di un condannato Bicêtre
Condannato a morte!
Sono cinque settimane che vivo con questo pensiero, sempre solo con lui, sempre congelato dalla sua presenza, sempre piegato sotto il suo peso!
Un tempo, poiché mi sembrano passati anni piuttosto che settimane, ero un uomo come un altro. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto aveva la sua idea.
Il mio spirito, giovane e ricco, era pieno di fantasie. Si divertiva a srotolarmele le une dopo le altre, senza ordine e senza fine, ricamando di inesauribili arabeschi questa ruvida e sottile stoffa della vita.
Erano delle giovani ragazze, delle splendide cappe di vescovo, delle battaglie vinte, dei teatri pieni di rumore e luce, e ancora delle giovani ragazze, e di passeggiate oscure di notte sotto le grandi braccia dei castagni.
Era sempre festa nella mia immaginazione. Potevo pensare a ciò che volevo, ero libero.
Ora sono prigioniero. Il mio corpo è in catene in una prigione sotterranea. Il mio spirito è imprigionato in un’idea. Una orribile, sanguinosa e implacabile idea! Non ho niente di più che un pensiero, una convinzione, una certezza: condannato a morte!
Aurora Nicastro